Un unico enorme rammarico: peccato che questo accada in Emilia Romagna e non in Toscana.
Riportiamo per intero il comunicato, sperando che sia d'esempio ad altri Assessori regionali (non toscani, che qui è troppo tardi, visto che è intervenuta la magistratura) e li aiuti a schiarirsi le idee su cosa voglia dire fare politica per il territorio, i cittadini e il paese.
Già: attendiamo ancora un comunicato di chiarimento sulla propria posizione da Anna Rita Bramerini, l'Assessore della Regione Toscana, che da qualche giorno si trova iscritta nei registri degli indagati per abuso d'ufficio (sulla torbida vicenda cfr. RRC) - di certo digrigna i denti nell'ombra, confabulando con i suoi avvocati, e ci pare la gemella cattiva dell'Assessore dell'ER - nel parere soggettivissimo di chi scrive, ovviamente - la sorridente Sabrina Freda, che nel confronto diventa fata buona, protettrice dei nostri boschi, crinali e cascate!
GRAZIE, da tutti noi dei comitati!
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Il podere di Moia, sotto il crinale dove si voleva costruire il megaimpianto eolico di san Godenzo |
FREDA: «NECESSARIA COSTANTE ATTENZIONE AGLI IMPATTI DEGLI
IMPIANTI EOLICI INDUSTRIALI»
Come ho già avuto modo di dire, la Regione Emilia-Romagna ha con prontezza attuato
politiche che favorissero i progetti di produzione di energie rinnovabili, in relazione agli
obiettivi fissati per l’Italia nel Protocollo di Kyoto e in coerenza con il “Piano energetico
regionale”.
Importanti risultati sono stati raggiunti con largo anticipo anche per la priorità data al
risparmio energetico e a tutte quelle soluzioni che permettessero di produrre energia in
modo pulito e con il minor impatto possibile.
Il piano regionale stabilisce con chiarezza che la produzione da fonte eolica non è invece
prioritaria per l’Emilia-Romagna proprio per la consapevolezza, dati alla mano, che il
nostro territorio spesso non è sufficientemente ventoso sia per quantità che per qualità dei
venti.
E non solo la pianura ma anche il crinale appenninico.
I dati a consuntivo che giungono dagli impianti realizzati, soprattutto per quelli più
grandi, sono infatti deludenti. Relativamente alle ore dichiarate e certificate in fase di
progetto dalle aziende proponenti, le ore effettive di produzione risultano essere spesso
meno della metà rispetto ai minimi indicati dalla legge regionale.
Proprio per questo vorrei ricordare a chi tenta di interpretare diversamente che il calcolo
delle ore di vento deve essere effettuato “alla massima potenza nominale” e non con il
fuorviante metodo delle “ore equivalenti” in cui tutti i venti, anche quelli non adatti per
intensità e direzione a far funzionare autonomamente le pale, vengono invece conteggiati.
Deve essere quindi garantita una notevole produttività a fronte di un impatto ambientale e
paesaggistico comunque certo.
Abbiamo visto in questi giorni con il passaggio delle enormi pale nel Comune parmense di
Albareto per arrivare all’impianto toscano di Zeri che tipo di danno portano impianti così
sproporzionati e impattanti per aree naturalisticamente delicate e importanti. Sono dovuti
intervenire Consiglio di Stato e poi Carabinieri e Polizia Forestale per bloccare la troppa
fretta di aziende coinvolte in importanti indagini di mafia, a caccia di incentivi in scadenza
e che nulla si preoccupano delle esigenze delle popolazioni. Un cantiere che proseguiva
addirittura di notte nonostante lo stop della magistratura, dopo aver devastato boschi e
strade con metodi che si commentano da soli.
Un riferimento imprescindibile non può che essere quello della legalità e della massima
trasparenza, anche nella valutazione degli accordi dei singoli Comuni con le aziende,
ricordando allo stesso tempo che il Consiglio di Stato ha messo la parola fine a qualsiasi
“mercanteggiamento” possibile sulle compensazioni ambientali, che non vanno intese
come una risorsa economica da destinare a piacere, ma appunto una mitigazione dei danni
che la “Conferenza dei Servizi Regionale” (e solo in quella sede!) programma per ridurre
l’impatto sui territori. Misure non esclusivamente economiche, ma che devono essere
obbligatoriamente richieste alle ditte proponenti anche sotto forma di interventi diretti e
lavori di ripristino.
L’attenzione dell’Assessorato Regionale all’Ambiente è quindi altissima per i progetti in
fase di approvazione, come ad esempio quello presentato per il Passo del Santa Donna tra
Borgo Val di Taro e Bardi (PR), dove sono ben 9 le pale da 150 metri previste, dopo che in
Regione era stato presentato solo un anno fa dalla stessa ditta e per lo stesso luogo un
progetto da 3 pale e che aveva visto gli uffici competenti richiedere ben 46 integrazioni e
chiarimenti.
Dubbi emersi allora sull’impatto delle strade per trasportare gli enormi aerogeneratori su
quelli che adesso sono sentieri escursionistici o piste forestali in zone fittamente boscate,
sui dati degli anemometri incompleti ed errati, sull’assetto idrogeologico, sull’impatto per
fauna e avifauna e tanti altri aspetti che nel progetto non erano sufficientemente chiari.
Le zone interessate registrano fra l’altro una significativa inversione di tendenza rispetto al
dato storico di spopolamento dell’Appennino, con insediamenti legati al turismo e quindi
al territorio, al paesaggio e all’ambiente.
Basti pensare che la Val Vona e la Val Noveglia sono a livello regionale le valli con la più
alta densità di agriturismi e bed & breakfast. Tante piccole frazioni e villaggi si sono
ripopolati con importanti recuperi dei borghi storici, con rilancio delle attività artigianali
locali legate all’edilizia di qualità. La politica tenga quindi conto della sua funzione
fondamentale di programmazione e pianificazione del territorio, non contraddicendo se
stessa proprio dove importanti risultati sono stati ottenuti. Impianti industriali così
sproporzionati e impattanti sarebbero incompatibili con quelle esemplari realtà.
Altro criterio da non dimenticare è quello della tutela della salute, secondo la logica della
prevenzione con le massime precauzioni possibili. Se da un lato non sono ancora certificati
in Italia i possibili danni di suoni e soprattutto degli infrasuoni, va ricordato che in altri
Paesi la cosiddetta “Sindrome da pala eolica” è scientificamente accertata e di conseguenza
la realizzazione degli impianti prevede vincoli molto più stringenti, soprattutto per quanto
riguarda la distanza da qualsiasi casa abitata o da allevamenti e stalle. Nel dubbio deve
prevalere prima di tutto la cautela.
Voglio quindi tranquillizzare i cittadini, ringraziandoli per il ruolo fondamentale di
vigilanza civica che hanno assunto con la formazione dei vari comitati, confermando il
mio forte impegno a favore dell’ambiente montano e dei suoi abitanti.
Sabrina Freda – assessore regionale all’Ambiente e alla Riqualificazione urbana dell'Emilia Romagna